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Immagine del redattoreGiorgia Bonafini

Shun Minowa

Aggiornamento: 11 ott 2022


Questo articolo non vuol essere un mero esempio di strumento informativo, piuttosto si avvicina ad una rielaborazione delle emozioni, la nascita di una consapevolezza che dopo la meraviglia e l’ammirazione, finalmente ha trovato le sue parole, se pur sempre riduttive. Rappresenta la scoperta di quelle verità di cui poco si parla, la realizzazione di un potenziale, un ragionamento in continua evoluzione. Ora un legame indissolubile ci lega a questo territorio, le cui valli sono testimoni di una storia, di un impegno e di una risolutezza degne di una considerazione ben più grande di quanto abbia oggi.



L’aspetto ancor più sorprendente è l'aver intuito la straordinarietà di un luogo attraverso gli occhi nuovi e curiosi di una persona non del posto, ma che ha saputo entrarvi con una tenera umiltà. Shun Minowa, originario di Chiba provincia di Tokyo, ha scelto la Val Trebbia nei Colli Piacentini. Zona delimitata dall’Appennino ligure e la pianura padana piacentina, tra Piemonte, Lombardia ed Emilia. L'incontro con Elena Pantaleoni, titolare di un’azienda della Val Trebbia, La Stoppa, ha cambiato per sempre la sua vita e il modo di vivere il vino.



Insomma un vignaiolo giapponese in Italia!! Una notizia che ha movimentato parecchi giornalisti e televisioni, che ha colto di sorpresa i cittadini spartiti tra i generosi e i dubbiosi.


Il nostro incontro con Shun


Siamo a Travo, in una piccola corte rustica immersa nel verde che ci accoglie umile e semplice… Una porta in legno incastonata fra le pietre di questo antico edificio agricolo riporta la scritta “Introitus in cellam vinariam cave ne recedas incertus”. Shun appare così tranquillo, così beato. Un ragazzo alto e affusolato che, avvolto dal profumo del vino che sta scalpitando vivo, dinamico e indipendente, dentro quei fermentini in acciaio, in vetroresina o in quelle botti, ci invita ad entrare. Il ronzio delle api che si affacciano alle finestre non curanti dell’uomo, la voce di Shun che si apre gentile a noi, ispirano un benessere persuasivo. “E’ difficile fare vino fermo, raffinato e naturale qui” afferma Shun nel mentre che sta prendendo il suo GATE 2020 (si legge gate) da un serbatoio attraverso una pipetta alzavino in vetro.

“Non possiamo forzare la vendita, il vino esce quando vuole uscire” aggiunge.

Fare i vini naturali, infatti, richiede molta pazienza e non dovrebbe nascere dal primo desiderio di voler monetizzare. Le fermentazioni spontanee, in particolare in questa zona, sono lente e richiedono grande competenza perché esistono delle tecniche per aiutare i lieviti. Ad esempio, il cemento mantiene una temperatura costante, il legno invece permette delle micro ossigenazioni..ma tutto deve partire dal vigneto: l’uva deve essere perfetta.

Mentre sorseggiamo Gate, i nostri olfatti vengono avvolti da un tripudio di sensazioni; restiamo quasi disarmati dalla potenza eccentrica di questo vino, che per Shun, è ancora troppo giovane. Miele, fiori bianchi, cannella , agrumi…. 80% Ortrugo,10% Malvasia di Candia e 10% Marsanne sono le percentuali dell’uva con cui è fatto questo vino che rivolge tutto a sé. Tanto ancestrale quanto proiettato nel futuro. Il vivace colore arancione si ottiene lasciando il mosto proveniente da uve bianche in contatto con le bucce per circa cinque mesi in vasca di cemento. Il non utilizzo di agenti chimici, come la famigerata anidride solforosa, regala indipendenza ai microrganismi, i quali combattono tra loro per la sopravvivenza.


Al palato spicca l’amarezza, per chi non ci è abituato, dovuto soprattutto dal tannino dell’uva Ortrugo. Una nota acerba smuove il corpo e drizza la schiena. Tuttavia, ogni cosa è armoniosamente fusa con gli aromi di noce e albicocca grazie all’affinamento in vetroresina.

Ancora non ne conosciamo l’etichetta. Dobbiamo andare nel vigneto, quello che lui chiama il giardino, per vederla. Con una coperta, con il Gate 2019 e con il sole di primo marzo i cui raggi inseguono il nostro calice rendendolo ancor più sfavillante, ci avviamo in quel mezzo ettaro incontaminato e ruspante. Mentre, Il vento ci accarezza come farebbero le note di un violoncello in Shape of my heart, una cosa ci colpisce... la familiarità che Shun ha con il vigneto che apparteneva da 60 anni ad un’altra famiglia… sembra avere un rapporto spirituale, un vero e proprio bisogno corporale. Ci fa sedere a terra come a dire “Siate in contatto con essa, ascoltatela...”. Un terreno marnoso calcareo mette in luce la roccia bianca che nella sua incrollabile tenacia ci battezza le scarpe di candido.



Gate 2019 appare più morbido, più pronto e non possiamo che non rimanere impressionati dalla bellezza di quell’etichetta rappresentante un fiore generato però dalla sovrapposizione di più mani. È un’opera dai colori eterei di un’artista giapponese, Ayumi Takahashi, che si chiama “Fioritura”, e non può che rimandare immediatamente all’artigianalità, ai lavori fatti a mano.

“Il vino è una fioritura possibile grazie al lavoro di tante mani”

dice Shun, per ricordarci che quel vigneto prima di tutto era della famiglia proprietaria e lui in veste di “allevatore” ne conserva l’eredità. L’ultima frase del Sutra del cuore inizia con Gate ancora letta in sanscrito e letteralmente vuol dire “lui è andato” e la frase intera fa riferimento al superamento del fiume e al raggiungimento del Nirvana.

In ogni caso, questa è solo la mia impressione. Come dice Shun: il vino si deve spiegare da solo; ripenso al mio professore di filosofia estetica che nel suo Epistenologia (e non epistemologia come si vorrebbe poter correggere) scrive “il vino non è una conoscenza da oggettivare, ma un incontro da realizzare”.

E il nostro incontro ci ha permesso di calarci in un flusso che alimenta ancora oggi la nostra immaginazione, suggerendo un nuovo modo di vivere il vino. cioè cogliendo il potenziale dei processi naturali della vita. Una nuova verità viene così plasmata in noi, una verità che si ribella a chi costringe a credere che tutto debba essere uguale per tutti, che si ribella alle forzature, alle standardizzazioni ed è la bellezza di scoprirsi diversi. Che sia l’esperienza con Shun, un'opportunità per mettere in dubbio, per far vacillare le nostre certezze apprese da canoni universalmente stabiliti e pervasivi.

Ma non finisce qui, se avete il piacere di approfondire il territorio dei colli piacentini, non perdetevi il prossimo articolo all'Agriturismo il Poggio di Andrea Cervini.









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